LA SIRENA

 

Onda dopo onda...

Il mare scavava lo scoglio, ed il cuore di Chris.

Con la differenza che la roccia era molto più resistente di  quel muscolo interno, che tanti guai gli aveva procurato.

Il mare  era calmo,  tranquillo, trasparente:  indifferente  alla pena arrecata, dal suo possente  respiro, all'animo del  giovane.

Che ne sapeva, il mare?

Eppure Chris ebbe, solo per un attimo, l'impressione che l'oceano lo conoscesse, che stesse cercando di aiutarlo in qualche modo; o forse voleva mostrargli comprensione, compassione...

"Bella cosa avere il mare per amico. Se non sapessi quanto possa essere traditore." Il  pensiero rimase nella  mente: l'acqua  non doveva sentire.

Protese lo sguardo  lontano. La  grande distesa  liquida era  uno spettacolo rilassante,  quando la  bonaccia tratteneva  le  forze nascoste, pronte a scatenarsi al comando del vento. Quasi a rafforzare l'immagine, una fresca brezza gli scompigliò i capelli, ormai penosamente striati di grigio.

"Sono vecchio!" si disse "Perché, altrimenti, continuerei a venire qui tutti i pomeriggi? Cosa sto aspettando? Che cosa mi può succedere adesso? Via, smettiamola. Andiamocene." Ma non  si  alzò. Voleva  vedere  se una  sirena  sarebbe  uscita dall'acqua. Forse lo avrebbe visto. E  sicuramente (Chris ne  era certo fino all'inverosimile) lei avrebbe  colto, nei suoi  occhi, tutto l'amore e la dolcezza di cui era capace. Non era forse noto che gli esseri non umani possedevano una particolare sensibilità? Non  avrebbe  avuto  nemmeno  bisogno   di  parlare.  L'aura   di struggente malinconia che lo circondava avrebbe parlato per lui.

Certo. E poi cos'avrebbe fatto? Non lo sapeva: non voleva saperlo.

"Tu fai che succeda. Al resto ci penseremo al momento opportuno."

Il mare gli rispose con uno spruzzo gentile, quasi una carezza.

Il tempo aveva artigliato il sole, e tentava di trascinarlo nelle oscure  profondità  marine:  era  riuscito   già  a  portarlo   a pochissima distanza dalla linea dell'orizzonte. Una battaglia che il sole  non  sarebbe  mai  riuscito  a  vincere,  non  a  quella latitudine.  Lassù,  all'estremo  nord,  era  invece  l'astro   a beffarsi della notte, sconfiggendola per vari giorni.

Chris fu contento per il  sole, e gli  sembrò persino che  questi gli ammiccasse, come ad avvertirlo di aver capito.

Subito dopo sentì che la testa gli scoppiava come trafitta da mille fulmini. Ecco: adesso sarebbe morto. Là, su quella  scogliera. Lontano  da tutti. Gli mancava  la forza  di lottare,  o forse non  gli importava molto. Si afflosciò  lentamente  sulla  schiena,  mentre  la  brezza  si spegneva, ed ebbe la sensazione che la sua anima volesse  seguire il vento, finalmente libera! Si apprestava a  lasciarsi chiudere gli  occhi dalla  sonnolenza, quando un movimento improvviso lo  costrinse a guardare  l'acqua.

Da una miriade di increspature un  volto pallido incorniciato  da capelli scurissimi, tra  i quali luccicavano  alghe verdi,  sorse lentamente.  Due  occhi  di  un  azzurro  profondo  lo  fissarono curiosi. Due  labbra vermiglie  come sangue  si aprirono  in  una espressione  di   intensa  sorpresa.   L'apparizione  sbattè   le palpebre.  Minute  goccioline  si  staccarono  dalle  lunghissime ciglia, e una mano sottile uscì dalle onde a ravviare i capelli bagnati.

Chris sentì di star morendo due  volte. Ora che  il suo sogno  si era avverato  gli toccava  lasciare questo  mondo. Che  razza  di destino crudele e giocherellone. Ma erano scherzi da farsi?

E la  visione  cominciò  ad  allontanarsi:  i  suoi  contorni  si sfocarono con mesta lentezza. Sorrise al pensiero di quest'ultimo inganno.  Era  solo  la  sua  vista  che  diminuiva.  Neanche  la consolazione di sapere come sarebbe andata  a finire: che  enorme fregatura!

Il freddo intenso lo fece rabbrividire.

E se rabbrividiva, allora non era nemmeno morto.

Prima di aprire gli occhi, ebbe tutto il tempo di ricordare e  di pensare che la fregatura era ancor maggiore di quanto si  fosse aspettato. Poi  sollevò  le palpebre  e  vide  una  formica  che, probabilmente, si chiedeva se valesse o  meno la pena di  tentare la  scalata  al  suo  naso.  Poggiò  le  mani  sulla  roccia   e, sconsolato, si tirò su, mettendosi a sedere.

Rilevò poi, tastandosi la fronte, un bernoccolo di buone dimensioni.  Girando  lo sguardo scoprì anche  la sporgenza che  l'aveva prodotto.  Dunque era stata quella la causa del dolore.

"Un sogno. Uno stupendo, inutile, triste, maledetto sogno." Scosse la testa, disperato.

La realtà lo riafferrò in tutta la sua vuota immensità. Si  prese la testa tra le mani e desiderò intensamente...

"No, lasciamo perdere. Non tornerò mai più qui."

E si avviò verso casa.

Due mani bianche si posarono sullo scoglio, e una testa le  seguì sino  all'altezza  degli  occhi,  che  rotearono  a  destra  e  a sinistra. Scostandosi  i capelli  dal  viso, l'essere  guardò  il giovane che si allontanava a passi lenti e misurati. Nel volto bellissimo, le labbra si dischiusero in una smorfia di delusione, rivelando denti piccoli e triangolari, sicuramente affilati come lame di rasoio. La  sirena battè  con la  coda un  colpo  stizzito sull'acqua.

Chissà che sapore delicato aveva quell'essere che  viveva fuori dal mare. Se fosse tornato l'indomani...