PANEGIRICO DEL PROFESSORE DI MATEMATICA

 

Ho sempre odiato la matematica.

Beh… non sempre…

E ho odiato, anche se cordialmente, tutti i professori di matematica…

Beh… tutti meno uno, perché lui non era “un” professore di matematica, era “Il” Professore di Matematica.

Primi anni ‘60, Scuola Media “Galileo Galilei” di Monopoli (BA), Sezione “C”.

Il Professor Muolo, Andrea Muolo (*), venne visto, da noi bimbetti di prima media, come un uomo alto (molto alto), magro, con gli occhialini perennemente sul naso, distintamente vestito quasi sempre con un completo grigio e cravatta mai sgargiante (veramente, all’epoca, tutti i professori vestivano in giacca e cravatta, ma lui era più austero degli altri).

Emanava un’aura di severità e di serietà, tale da imporre il silenzio assoluto e ispirare terrore allo stato puro con il semplice ingresso nella classe.

Ma, come avemmo modo di constatare durante i tre anni trascorsi sotto il suo insegnamento, sapeva essere molto, molto simpatico.

Il Professor Muolo spiegava bene, benissimo, ripeteva le cose molte volte, finchè non era personalmente sicuro che tutti avessero capito. Delineava i concetti principali e poi li intervallava con battute scherzose, sempre esattamente pertinenti, che permettevano la comprensione e l’assimilazione immediata dei concetti stessi proprio a causa della facezia, e non si limitava mai alla semplice enunciazione delle nozioni e ad un’arida spiegazione o dimostrazione. Con lui, l’aritmetica, la geometria e persino l’algebra non erano un deserto di numeri, simboli e figure, ma una specie di parco dei divertimenti, dove azzeccare la risposta giusta non era mai un caso, ma il frutto di un ragionamento indotto con l’allegria.

Anche quando interrogava, salvo pochissime situazioni, faceva sempre in modo di far ridere l’interrogato e tutta la classe: per esempio ti lasciava scrivere sulla lavagna tutte le castronerie che ti venivano in mente; poi si puliva con calma gli occhiali, se li rimetteva sul naso, ti guardava al di sopra delle lenti e pronunciava la fatidica frase “Hai finito?”, sottintendendo il …resto. Oppure, quando arrivavi ad un risultato palesemente errato, ti guardava e poi gridava “BUM!” per indicarti l’errore. Ma raramente l’ho visto mettere un brutto voto.

Anzi, benché non fossi il suo cocco (io sono stato il cocco solo delle mie professoresse d’Inglese, delle quali una di bellezza veramente straordinaria… ma sto divagando...), ricordo perfettamente che una volta, dopo aver inutilmente interrogato collettivamente la classe per più di dieci minuti sul massimo comun divisore di due numeri, allorchè alzai timidamente la mano e con voce esile dissi “UNO!”, zittì tutti con un gesto della mano e disse “Aspetta, gli devo mettere TRE a quello, che ha sbagliato! Come ti chiami tu?” Mi veniva da piangere e dissi nome e cognome, anzi cognome e nome, con la morte nel cuore; in fondo era un’ingiustizia, visto che TUTTI avevano sbagliato… e lui tranquillamente ripetè il mio cognome e poi, afferrato il registro e la penna, scandì ad alta voce “NOVE in Matematica!” Potete credermi sulla parola se vi dico che è stata una delle volte in cui mi sono sentito come se passeggiassi sulle nuvole. Da quel momento in poi, i miei voti in quella materia non andarono mai sotto l’OTTO, e almeno in un’occasione, presi DIECI! Insomma, ero piuttosto bravino, ma non era merito mio, era tutto del Professor Muolo, prova  ne sia il fatto che, dalla fine delle medie in poi, mi sono rifiutato anche solo di aprire un libro di matematica e il più alto voto che ricordi di aver preso è stato un QUATTRO dato per compassione…

Il Professor Muolo era un’altra cosa, e non si limitava all’insegnamento delle sue materie: si interessava alla vita familiare degli alunni, alle loro malattie e a quelle dei loro congiunti, sapeva consolarti e qualche volta ti accarezzava anche durante i compiti in classe.. so quel che dico, esperienza personale… e quante volte gli ho sentito dire “Marcuccio, s’è sciolta la neve in campagna?” con una tenerezza che ho ritrovato in pochissimi altri insegnanti (escluse, s’intende le mie professoresse d’Inglese… ma questa è un’altra storia…) e che preludeva ad un’imminente interrogazione!!!

Una volta, tanti anni fa, era il giorno della settimana in cui avevamo due ore di matematica consecutive, e proprio in quell’occasione c’era compito in classe sugli ultimi argomenti. Inutile dire che l’allegria era completamente scomparsa col suono della campanella che annunciava le due ore fatidiche. Il Professor Muolo entrò in aula, un’aula eccezionalmente silenziosa, e passando tra la parete e la prima fila di banchi si soffermò davanti ad una grande carta geografica dell’Europa, che rappresentava anche una parte dell’Asia. Picchiettò con l’indice un punto della carta e poi mormorò: “Odessa… io sono stato a Odessa… tanti anni fa…” dopodiché si avviò con calma alla cattedra, poggiò la borsa, si sedette e… iniziò a raccontare della guerra! Di quando era partito soldato, delle peripezie che aveva affrontato, del  ritorno a casa, con barba e baffi talmente lunghi che i suoi genitori non volevano farlo entrare in casa… tirò avanti sino alla campanella della prima ora, e tutti noi credevamo che quel magico, inopportuno suono, lo avrebbe riportato alla realtà, e che ci sarebbe toccato fare il compito in un’ora anziché due. Ma lui proseguì imperterrito fino alla fine della seconda ora; con la maggior serenità di questo mondo si alzò, riprese la borsa e se ne andò, lasciandoci stupiti, increduli e… maligni, perché tutti pensammo che il Professor Muolo avesse avuto un grosso calo di lucidità mentale…

Solo molti anni dopo, ripensandoci, mi resi conto di cosa doveva essere successo, perché era assolutamente impossibile che un’insegnante di quel calibro si fosse dimenticato del compito in classe, e non avesse nemmeno ritenuto di dover passare quelle due ore spiegando, magari, qualcosa di nuovo.

In quei pochi secondi trascorsi dal suo ingresso in classe al passaggio davanti alla carta geografica, sono fermamente convinto che il Professor Muolo, con l’estrema acutezza che gli era propria e con un solo colpo d’occhio, aveva letto nei nostri sguardi l’epilogo di quel compito in classe: un massacro, un’ecatombe di DUE e di TRE.

E così aveva pensato di calmare i nostri animi e le nostre paure, ben sapendo di passare per uno smemorato, o peggio…

Il Professor Muolo è volato via da questo mondo diversi anni fa, ma finchè ha fatto la spesa al negozio di mia zia, non ha mai mancato di chiederle “Come sta A.? Che fa? Dove si trova?”

Vorrei che mi fosse permesso scrivergli, in attesa di incontrarlo di persona dove si trova adesso, per potergli dire:

“Carissimo Professore, oso darti del tu solo perché ormai sono vecchio anch’io, ma prendila come un’ulteriore dimostrazione di affetto. Sei stato un grande insegnante, senz’altro il migliore che io abbia mai conosciuto, ed anche un grande uomo, colmo di infinita bontà. Qualche volta abbiamo creduto di odiarti, ma in realtà ti abbiamo voluto bene, come tu ne hai voluto a noi. Sappiamo per certo di essere rimasti sempre nel tuo grande cuore e vogliamo assicurarti che sei sempre rimasto e sempre rimarrai nel cuore dei tuoi ragazzi della Sezione C”.

(*) Il cognome viene citato per esteso su esplicita autorizzazione verbale del Signor Ignazio Muolo, figlio del docente protagonista del presente racconto (N.d.A.)