LA CITTA' FREDDA

 

Sicuramente anche  voi  avrete viaggiato,  più  o meno  a  lungo, durante la vostra vita.

E chissà quali posti avrete visitato.

Ora vi  accompagno  io, per  mostrarvi  qualcosa  di  ancora  più strano.

Per festeggiare la fine  del mio ultimo  lavoro ( ero  finalmente riuscito a creare  un superprogramma per  il computer  principale del mio stato) avevo deciso di concedermi un viaggetto ad  Arvel, capitale del pianeta Ashtor. Pensava a  tutto l'agenzia: sei  ore di viaggio in  iperpropulsione, una settimana  di permanenza  nel miglior residence  di  Arvel, escursioni  sul  pianeta...  tutto, insomma, compresa la compagnia femminile,  che non viene  offerta per viaggi su altre stelle.

Mi avevano  informato  che  non  mi  sarei  dovuto  assolutamente preoccupare di alcun risvolto sentimentale, ma  io non avevo  ben afferrato il senso di tale affermazione.

E  così,  sceso  dalla  Ashtor-327,  la  bellissima  ed  argentea astronave  che,  assieme  ad  altri  999  viaggiatori,  mi  aveva trasportato  lassù,  seguii  con  palese  curiosità  l'avvenente ragazza che  mi  aveva preso  per  il braccio,  dopo  un'occhiata distratta alla  targhetta con  il nome  in  bella vista  sul  mio petto.

Dire che era  bellissima era come  definire soltanto "bianca"  la luna. Tuttavia,  non  ve  la descriverò: so  che  pochi  di  voi potrebbero permettersi lo stesso viaggio.

Mi accompagnò, in  pneumo-auto, sino al  residence: una serie  di linde casette spruzzate,  apparentemente a caso,  in un bosco  di grandi alberi dalle larghe foglie rosa. Una di esse sarebbe stata

la mia "stanza" per quella settimana.

Già respirare quell'aria  fresca e profumata  era un piacere  che sulla Terra non esisteva più.

Lexa, questo era il nome della  mia "compagna", fu velocissima, una volta  varcata  la soglia  della  nostra “casa”,  a  spogliarmi completamente: io lasciai fare, sorpreso piuttosto che eccitato.

Ma, per la prima volta, colsi  un disinteresse, quasi  palpabile, da parte sua. Mi fece distendere su un lettino per massaggi e  mi sciolse  sapientemente  tutti  i  muscoli  ed  i  nervi.  La  sua professionalità era certo indiscutibile, ma...

Poi, nonostante le mie proteste,  insistette  per lavarmi  nella  grande  stanza  da bagno. Anche quella, vi garantisco, fu un'esperienza unica.

Subito dopo  mi  preparò la  cena,  mentre io  seguivo  ogni  suo movimento con occhi golosi.

Mentre l'aspettavo nel largo letto, ripensai  alle poche ore  che avevo, sino  ad allora,  trascorso con  lei. C'era  indubbiamente qualcosa di strano... che mi sfuggiva. Pensai che, ovviamente, la sua mancanza  di  entusiasmo o  di  partecipazione  fosse  dovuta all'aver fatto  le  stesse cose  a  chissà quanti  altri  uomini.

Questa ipotesi, peraltro, mi seccò un tantino, devo ammetterlo.

Ma dimenticai tutto non appena me la vidi davanti, avvolta in una vaporosa e trasparente vestaglia azzurra  sotto la quale,  potevo vederlo, non indossava altro.

Si rivelò  l'amante  più esperta  e  formidabile che  avessi  mai incontrato, anzi, che avessi mai sognato.  Sembrava fosse nata  e vissuta solo per quello.

In parole  povere me  ne innamorai  perdutamente. Lei  non se  ne accorse, o fece finta di non vederlo.

Trascorsi gli altri giorni nella stessa maniera,  con Lexa che si  occupava di me  per qualsiasi  cosa. Rinunciai  alle escursioni o altri  diversivi che mi  propose, cercando di  farle comprendere che l'unica  cosa che mi  interessasse era stare  con lei. Non alzò mai le spalle,  ma che le riuscisse del  tutto indifferente riuscii a capirlo comunque.

L'ultimo giorno  (avevo sempre  cercato  di non  pensarci),  poco prima di  recarmi nuovamente  allo spazioporto,  la supplicai  di  venire sulla Terra con me.

"No." mi rispose, semplicemente.

"Perché?" ribattei "Vuoi fare la stessa vita per sempre?"

"Perché no?"

"Perché io... ti amo."

"Ma io no!"

"Eppure... mi sembrava..."

"Allora non  hai capito.  Questo  è il  mio  lavoro, e  penso  di saperlo fare piuttosto bene. Hai qualcosa di cui lamentarti?"

"No, no. E' solo che... pensavo..."

"E' questo  il  motivo per  cui  queste  settimane-relax  costano tanto. Viene garantita la totale impossibilità di  coinvolgimento sentimentale da parte nostra. E' quanto i terrestri, come te,  ci richiedono."

"Sì, ma io... io mi sono innamorato di te."

"Non so che farci: il mio compito finisce qui."

E non mi parlò più, neanche per salutarmi alla partenza.

Al rientro trovai Karl che mi attendeva sulla porta di casa  mia, impaziente di ascoltare le ultime novità.

Gli raccontai tutto, e vidi accendersi nei suoi occhi una luce di comprensione, ironia, e compassione.

"Cos'hai da guardarmi in quel modo?" gli chiesi.

"Capisco quello che provi, ecco tutto. Anche a me era successa la stessa cosa; eccetto un particolare, però!"

"Quale?"

"Io già sapevo."

"Cosa?"

"Quello che sto per dirti. Ti sei stupito per quel comportamento, vero? Non sarebbe successo se ti fossi prima documentato."

"Spiegati, per favore."

"Mah! Può essere solo una deduzione a livello filosofico... anche se, a mio  parere, la spiegazione  è proprio  questa, per  quanto assurda."

"E dimmela, allora, muoviti!"

"Vedi, gli Ashtoriani,  benché esteriormente simili  a noi,  sono diversi nella topografia degli organi interni."

"Ebbene, questo cosa c’entra?”

"Se c’entri o meno, io non lo so. Comunque… non dispongono di apparato circolatorio. Quindi... non hanno  il cuore."