UN AMORE FANTASMA
Più di mezz'ora
era passata nella
contemplazione di quella fotografia.
Si trattava
di una riproduzione
40X40; lui stesso
l'aveva scattata e fatta ingrandire, secoli prima.
Poi, chissà come, era finita
in quella valigetta, sepolta sotto mille altre carte.
Un vago senso di nostalgia
lo afferrò mentre osservava i tratti di quel noto viso di ragazzina dall'espressione seria: era più carina così, anziché sorridente.
Ed ora non avrebbe sorriso
più. Era morta qualche mese addietro. Perché, adesso, quel nodo alla gola? Il
rimpianto di un amore mai nato e perduto per sempre si fece strada fino ai suoi occhi. Ma non avrebbe pianto.
Però strinse al cuore la
foto, si rialzò, e cominciò ad esplorare la cantina. Dove
si era cacciato? Ah, eccolo
lì, appoggiato all'armadio
vecchio.
Sollevò e scosse dalle
ragnatele il quadretto di cartone pressato con la copertina in plexiglas;
i fermaglietti di chiusura non erano arrugginiti. Una buona pulita e
poi...
Ora, protetto dalla sottile
lamina trasparente, quel viso
lo fissava dalla parete sovrastante la spalliera del letto.
- Ti piace? - mormorò -
Ora potrai vivere ancora, per
lo meno finché non morirò anch'io. Ti va
di tenermi compagnia? Sai, devo
confessarti una cosa, ma promettimi
che non ti
arrabbierai. Benissimo: prima che ci perdessimo definitivamente di
vista, più o meno all'epoca in
cui ti scattai quella foto, avrei
voluto dirti che i miei sentimenti per te trascendevano la
semplice amicizia. Sì, insomma, mi resi conto che il mio non era affetto, ma qualcosa di più grande. E
seppi che era sempre stato così, benché avessi fatto di
tutto per soffocare tale pensiero.
Ma neanche allora, come in tutti gli anni precedenti, te ne parlai. Mi limitai a scomparire, convincendomi che stavo agendo per il meglio. Tu
non avresti mai neppure
sospettato una cosa
del genere, e mi costrinsi a pensare che, in fondo, era giusto così. E ora non ci sei più; te ne sei andata in punta di piedi. L'ho saputo per caso stamattina, pensa un po’:
avevo telefonato per salutare i
tuoi, dopo anni di lontananza. Credevo di far loro una bella sorpresa e invece
l'hanno fatta a me. Perché l'hai fatto? Perché non hai almeno provato a
chiamarmi? Ero comunque un amico, no? -
Ma la morsa del
dolore si allentò
all'improvviso, e asciutti singhiozzi ruppero
il silenzio della
stanza. Il dolcissimo sguardo lo seguì mentre si
allontanava.
Rincasò molto tardi.
Si fermò qualche minuto in
cucina, per stilare la
lista delle cose
che l'indomani avrebbe
dovuto comperare; quindi
entrò in camera da
letto. Il ritratto gli rivolse una soave occhiata di benvenuto
(o l'aveva sognato?): solo per un
attimo si chiese se non avesse fatto una sciocchezza. Poi decise che una dolce e sottile malinconia
era preferibile ad una vita priva di
sentimenti, e si attardò ancora a
guardare il bel volto.
- Sei bellissima come
sempre, va là. Ti sei annoiata
oggi? Beh, vuol dire che
cercherò di lasciarti da sola
il minor tempo possibile. Certo, non posso lasciare il
lavoro, o finirei presto per tenerti
compagnia... non che mi dispiacerebbe eccessivamente: in fondo la tua scomparsa
ha tagliato un altro dei pochi fili che mi legavano alla
vita. Però non mi
garba l'idea di
morire addirittura per inedia, sei d'accordo? - E si recò in bagno per
la doccia serale.
Domenica! Finalmente!
Da tanto quel giorno della
settimana veniva dedicato al completo
riposo.
Nel dormiveglia ricordò i
tempi in cui non era solo: aveva sempre finito per odiare l'obbligo pressante e
ricorrente del sabato sera in discoteca (o
comunque fuori, sino alle prime ore
del mattino), seguito dalla levataccia domenicale, per
andare al mare, in montagna,
" a divertirsi" in qualsiasi modo.
Svegliarsi presto non
gli era mai piaciuto:
figuriamoci nel settimo giorno!
Era stata forse questa una delle
cause primarie di incompatibilità con le
donne. Beh, da un bel pezzo non c'era alcuno a rompergli le scatole affinché
si svegliasse.
- Con "lei"
sarebbe stato tutto diverso. - pensò - Forse! -
Una pigra occhiata
alla sveglia, che segnava
le undici, lo convinse dell'opportunità di
alzarsi. Poteva tornare a
letto appena buttato giù qualcosa: chi gliel'avrebbe impedito?
Si versò un bicchiere di
latte freddo, poi sostò per
guardare i complicati disegni, formati
dai pini del giardino intercettando i raggi
solari. Proprio una
bella giornata. Ma
sorrise alla scoperta di non
avere alcuna voglia di uscire.
Adesso c'era qualcuno in casa.
Il bicchiere, pieno per
metà, s'infranse sul
pavimento quando guardò il quadretto
completamente bianco.
Non ebbe il tempo di pensare
al disastro; i capelli si rizzarono
sulla testa ed il cuore batté un colpo a
vuoto, sentendo alle spalle la
nota voce:
- Ciao! Perché tanto
nervoso? -
Con un violento sforzo di
volontà riuscì a girarsi, lentamente, e pensò di essere impazzito, o
semplicemente morto, quando la vide. Era sulla porta: indossava la camicetta bianca della foto e
la gonna lunga, blu. Lo splendido volto
era contornato da un tenue alone
di luce dorata.
La osservò intensamente per alcuni secondi, mentre cercava di articolare parole che si fermarono molto prima di giungere alle labbra. Il suo
sorriso, che non
accennava a spegnersi,
lo rincuorò consentendogli, alla fine, di emettere un flebile:
- Sei uno spettro?! -
- Precisamente. Ma uno
spettro molto particolare, come avrai modo di constatare. Innanzitutto non sono immateriale. Dico davvero: sù, toccami! -
E gli porse la mano
destra. Dopo un breve attimo di esitazione, egli la tenne delicatamente tra le sue, carezzandola. Sentì la solidità della carne, la pelle liscia come seta e
l'innegabile calore che emanava.
Lei proseguì:
- Ti devo
una spiegazione, per quanto non
potrà sicuramente essere molto
esauriente. Il contatto è stato
realizzato dal tuo amore: è iniziato con
quella debole scintilla che ti ha spinto
a cercare, trovare e appendere la mia fotografia. Tu hai in seguito
alimentato e rafforzato il filo che ci legava, con le parole che hai rivolto al ritratto, come se potessi
sentirti. Hai creato una reazione a catena,
confluita nella forza che mi ha
trascinata qui. Da parte mia non mi sono opposta, per due motivi: il
primo è che anch'io ti amavo, pur
non avendo mai avuto il coraggio
di dirtelo; il secondo è
che certi eventi
non accadono tanto facilmente, per
cui sarebbe stato
in ogni modo
sciocco rinunciarvi. Ma ora va tutto bene, no? Dì qualcosa:
stavolta non puoi permetterti di
decidere per tutti e due.
- Sono... sono felice. E
nello stesso tempo disperato.
Allora avevo veramente sbagliato tutto, all'epoca? -
- Penso proprio di sì.
Eppure mi sembrava di averti
incoraggiato abbastanza... -
- Beh, sai... quando
uno è stupidamente ostinato come me... ostinato nel credere di essere
sempre e comunque nel giusto... - Cos'avrei dovuto fare ancora? Saltarti
addosso? -
- Non sarebbe stata
una cattiva idea. Avresti scosso la mia
timidezza. -
- Timido? Tu? -
- Certamente, quando
si tratta di qualcosa
di più profondo dell'amicizia. Non te n'eri mai
accorta? -
- No. Piuttosto, ho pensato
che di me non t'importasse nulla, dal lato sentimentale. E' stata
una grossa sorpresa udire le tue
parole, quelle che speravo mi avresti detto, una volta o l'altra. L'avevo
sperato per tutta la vita... -
- Basta, ti prego. Perdonami. Non mi aspettavo niente di tutto quello che sta succedendo... -
- Ssst! Ora sono qui. Non ti lascerò mai più, se lo vorrai. -
Lui fece un passo avanti,
poi si abbracciarono all'unisono.
E la vita
diventò, all'improvviso, una cosa
meravigliosa da gustare istante
per istante. Lei lo seguiva dappertutto, anche sul lavoro, e lui era felice di averla sempre accanto. Solo, in alcune occasioni doveva stare attento al proprio comportamento: qualcuno avrebbe
potuto pensare chissà
cosa, sentendogli rivolgere
frasi appassionate alla fotocopiatrice.
Furono anni bellissimi.
Una sera le disse:
- Sto invecchiando,
sai? Tu invece sei
sempre giovane come allora. -
- Per me sei sempre uguale,
perché ti amo. -
- Cosa succederà quando sarò
morto? -
- Zitto! - rispose lei, chiudendogli dolcemente le labbra
con l'indice - Lo vedrai. - sussurrò poi.
La fitta di dolore lo
aveva piegato in due,
all'improvviso. Era riuscito a
trascinarsi sino al letto e a stendersi,
in preda ad un tremito incontrollabile.
La chiamò a bassa voce, ma
lei non venne.
- Perché mi
abbandoni adesso? Non vedi
che sto morendo?
- biascicò - Mi lasci solo proprio adesso? Aiutami! -
Un pensiero improvviso gli
attraversò la mente: rovesciò il capo e
guardò il quadretto. La foto era là, solida e ben visibile. Smise allora di
lottare contro il freddo che lo attaccava e si lasciò andare verso
il buio, che lo avvolse
e lo trasportò lontano... lontano...
Poi, ogni sensazione cessò.
La luce... (la vista...)
La memoria...
Una tempesta di ricordi si
scatenò. Una confusione di premesse e
deduzioni gli diedero la netta impressione che la mente
stesse per esplodere, incapace di affrontare tanto in una volta sola.
Volle comprimere la testa con le mani, ma non poté.
Il suo sguardo era rivolto
in avanti, e non poteva spostarlo. Vedeva una
stanza arredata semplicemente
(ma non c'era
già stato?).
Vedeva il soffitto.
Cercando di forzare il
ridotto angolo di visuale, colse a
destra e a sinistra una bianca parete, e gli sembrò di esservi adagiato (o meglio crocifisso, poiché si
trovava in verticale). Sotto di sé scorse una vivace coperta
Allora capì.
Era prigioniero in una fotografia (non avrebbe potuto dire quale, ma
era sicuro che le ultime risalissero ai suoi quarant'anni, al massimo).
Non cercò, come era solito
fare, di analizzare la situazione. Non voleva concludere di essere morto e di essere tornato da chissà dove, e chissà per quale motivo. Si
limitò ad aspettare, sorretto da un sentimento che (adesso lo sapeva) poteva sfidare le leggi naturali.
Fissò la porta che si
apriva.
La donna entrò e guardò direttamente verso di lui:
l'antica dolcezza lo invase, e
sentì che adesso gli
avrebbe parlato.